Ho abbandonato da tempo la triste e solitaria carriera di designer freelance.
Per come il nostro Stato e il nostro Fisco tratta i lavoratori autonomi, non c'è da stupirsi se ancora tanta gente aspira a venire assunta da qualche studio o agenzia di comunicazione: al prezzo di un po' di libertà e una serie di obblighi (tipo, presentarsi al lavoro tutti i giorni e fare quello che vi viene detto di fare) si ottengono in cambio una posizione pensionistica, tredici o quattordici mensilità assicurate nel corso dell'anno, vacanze pagate e – se via ammalate – continuate comunque a percepire il vostro stipendio.
C'è poi tutta un'altra serie di benefit, che poi sarebbero quelli per cui il sottoscritto si è lasciato irretire, ma non è di questo che voglio parlarvi.
Voglio parlarvi di quando ero il classico Giovane Di Belle Speranze™, che, computerino incastrato sul tavolo di casa, software rigorosamente piratati e una pila di copie di Archive come bibbia di riferimento, mi proponevo come grafico freelance a una città che non ne sentiva certamente il bisogno.
Mi presi delle soddisfazioni (poche, e legate essenzialmente al vedere la mia roba pubblicata e stampata), intascai un po' di soldi (ancora meno, erano gli anni novanta e i fasti anni ottanta della pubblicità erano spariti lasciando solo i conti da pagare), imparai qualche trucchetto (rigorosamente sulla mia pellaccia) e commisi qualche inevitabile, grosso errore.
Essere pronti ad analizzare le occasioni di insuccesso professionale per trarne insegnamenti per il futuro dovrebbe essere un obbligo per chiunque voglia cimentarsi nel mondo lavorativo... il più delle volte intricato e pericoloso come un gioco di ruolo del quale ti vengono spiegate solo metà delle regole e il cui master è uno stronzetto di nerd sadico che ti ha preso in antipatia.
Quando ero un freelance con poca esperienza alle spalle, ignoravo tutte le spigolature del lavoro e delle sue dinamiche, ed ero concentrato totalmente sull’attività produttiva, arrivando a compiere scelte strategiche e commerciali poco o niente ponderate.
Questo post raccoglie il frutto di quella dolorosa esperienza, sintetizzato in cinque, sintetiche dritte per chi è relativamente un novizio in questo lavoro... e chissà che non possa fare di voi dei professionisti più consapevoli tirando un pelo più su questo mestiere dalla palude dove sta lentamente sprofondando.
1. Tre siti al prezzo di uno. Venghino, signori, venghino.
Prima o poi lo abbiamo fatto tutti.
Molti lo fanno ancora e anzi, ne hanno fatto un modus operandi.
Il denaro è un argomento difficile per molti... e anche per me è più facile parlarne adesso che allora. In qualsiasi lavoro, ognuno di noi ha il diritto a chiedere il giusto, e questo vale ancora di più quanta più esperienza si ha alle spalle.
Ma cose si fa a sapere se il prezzo che stiate facendo è giusto o troppo basso?
Se fate lavori di buona qualità e non perdete mai una commessa... beh, allora probabilmente i vostri prezzi sono troppo bassi (ciao, Alessandra! ciao, Matteo!).
Ricordate il film Three Kings, con George Clooney? Vi si svolgeva, a un certo punto, un dialogo assolutamente illuminante, nella sua attonita semplicità.
Archie Gates (George Clooney): - Qual è la cosa più importante della vita?
Troy Barlow (Mark Wahlberg): - Di che sta parlando?
Archie Gates: - Qual è la cosa più importante?
Troy Barlow: - Il rispetto.
Archie Gates: - Dipende troppo dal prossimo.
Conrad Vig (Spike Jonze): - E qual è, l'amore?
Archie Gates: - Fa un po' Disneyland, non trovi?
Chief Elgin (Ice Cube): - La volontà di Dio.
Archie Gates: - Ci sei quasi.
Troy Barlow: - E qual è allora?
Archie Gates: - La necessità.
Troy Barlow: - E cioè?
Archie Gates: - Cioè la gente fa quello che ritiene più necessario, in un dato momento.
Secondo il personaggio di Clooney, è la necessità il vero motore del mondo.
E io, fatti i dovuti distinguo, sono disposto a sposare la sua tesi.
Fare prezzi bassi è quasi sempre figlio della necessità.
Là fuori, c'è sempre qualcuno disposto a fare quel lavoro a meno soldi di quanto chiedete voi.
Sempre.
E se pensate che zero sia il limite, vi sbagliate: ci sono designer disposti a lavorare gratis, col miraggio di ottenere nuove commesse retribuite in futuro; una sorta di autopromozione scellerata ma meno rara di quanto pensiate.
Per quanto un professionista possa disprezzare questi individui che di fatto livellano il mercato verso il basso, le motivazioni che li spingono sono legati ad un affitto o un mutuo da pagare, una famiglia da mantenere e altre banali, terrene incombenze.
Insomma: lo fanno per necessità, e sono costretti a fregarsene se è sbagliato sotto ogni punto di vista.
Contro la necessità, "La cosa più importante della vita", voi non potete fare niente.
Se siete alla canna del gas, accetterete compensi ridicoli, e, diavolo, come darvi torto.
Ma (e arriviamo infine al vero consiglio di questo primo punto) se non vi trovate in una situazione simile, rifiutate sempre un compenso che vi sembra inadeguato per il vostro lavoro.
Se lo farete, potranno succedervi due cose:
a) perderete la commessa, ma il tizio in questione non vi farà più perdere tempo con altre richieste pagate un boccon di pane, e – date retta – ci avrete solo che guadagnato. Clienti così è meglio che smarriscano il vostro numero di cellulare. Loro e i loro amici.
b) il tizio rilancerà con una nuova cifra, che magari non è ancora quella a cui pensavate, ma avrete guadagnato del rispetto professionale e ricevuto un segnale di ritorno che, sostanzialmente, dice: ok, ho bisogno di te, cerchiamo di metterci d'accordo.
A questo punto, ognuno di voi farà le sue valutazioni. Ma da una nuova, seppur microscopica, posizione di forza.
2. Io sono il Datore Di Lavoro Dio Tuo.
Nessun cliente ha il diritto di monopolizzare il vostro tempo, anche se sono convinti di pagarvi bene (e lo siete anche voi).
Quando un cliente occupa costantemente tutto il vostro tempo non è più un cliente ma un “capo” e voi siete i dipendenti: la dinamica tra cliente e fornitore cambia significativamente, e a quel punto è difficilissimo tornare indietro.
Come avete bisogno di lavorare attivamente a dei progetti avete bisogno anche di tempo per curare il vostro network di contatti e per progettare e pianificare le vostre strategie commerciali future.
Permettere ad un cliente di gestire tutte le vostre ore come gli appartenessero di diritto è uno degli errori più frequenti... e anche uno dei peggiori, perché al termine del contratto vi ritroverete senza alcun cliente.
L’ideale è avere più di un contratto attivo (e un po’ di respiro), affinché la perdita di un cliente sia ammortizzata dalla presenza degli altri disposti a coprire le ore rimaste libere.
Se le richieste del vostro cliente si fanno troppo pressanti, adottate questa tattica: menzionate altri clienti che state seguendo contemporaneamente (anche se al momento non ne avete nessuno) e sottolineate come possa per voi diventare antieconomico investire troppe risorse in un singolo progetto.
Vi farà apparire più professionali e – soprattutto – metterà un freno alle richieste esagerate.
È pur sempre un bluff, ma quasi sempre dà buoni risultati.
3. Verba volant.
Fare accordi a parole è una grossa tentazione che nasce soprattutto dall'umana indole di fidarsi del prossimo.
Inutile dire che vi avventurate in un campo minato: con un po' di fortuna, potrete anche guadagnare l'altra sponda illesi, ma potreste saltare in aria in ogni momento, anche ad un passo dal compimento del lavoro.
Una lettera d'incarico è un documento piuttosto semplice, che non deve spaventare nessuna delle due parti in causa:
QUI trovate un facsmile per lavori di piccola entità. Se cominciamo a parlare di grossi progetti vi servirà qualcosa di più completo, come ad esempio quella che trovate
QUI.
Spesso capita che vengano proposti contratti che non riportano tutto quello che dovrebbero e lasciano parecchie cose in sospeso: nel dubbio, chiedete di aggiungere una riga in più al contratto, anche se possono sembrarvi cose scontate.
Non sottovalutate punti come la tutela del copyright, la riservatezza delle informazioni e la proprietà dei file sorgenti.
È un vostro diritto chiedere di essere tutelati in modo adeguato... ma anche un dovere fornire le adeguate garanzie.
In altre parole, una lettera d'incarico è un atto di responsabilizzazione per ambo le parti, ed è sorprendente come – soprattutto in ambito creativo – sia una pratica criminalmente poco diffusa.
4. Chiamami, sarò il tuo YesMan.
La paura può far fare cose stupide.
C’è voluto un bel po' prima che iniziassi a rifiutare dei lavori... e comunque dopo aver commesso alcuni (ok, tutti) degli errori descritti sopra.
Alcune volte è semplice capire quando dire no: quando ci chiedono di lavorare per una miseria, se non addirittura gratis.
Potreste avere riserve di carattere etico qualora il progetto entri in conflitto con le vostre credenze politiche, religiose o lo riteniate comunque inaccettabile per motivi solo vostri.
Altre volte – la maggior parte delle volte – è più difficile capire se sia il momento di mettere un freno a una determinata richiesta ed è ancor più duro trovarne il coraggio. L’importante è tenere a mente che un cattivo affare può danneggiarvi più che la rinuncia al lavoro.
Siate preparati a non accettare ogni cosa che vi viene proposta e, cosa importantissima, a rimanere sempre tranquilli e amichevoli con i vostri clienti anche nel momento del No.
5. Nessun seguito
Finito un lavoro e inviata la fattura la vostra parte è finita... e ve ne state in attesa di un nuovo cliente e un nuovo incarico.
Che può arrivare anche dopo settimane o mesi, soprattutto se il mondo continua a non sapere che esistete. La tabaccaia comincia a pensare che vi siate innamorati di lei, perché ogni giorno andate a comperare i francobolli per spedire centinaia di curricula a cui nessuno risponde.
Ho imparato col tempo che un cliente soddisfatto può essere una risorsa costante di lavoro sia in termini di nuovi progetti sia come un tramite per il contatto di nuovi clienti.
Non fatevi scrupoli a chiedere di farvi pubblicità. Ogni referenza di questo tipo è spendibile alla pari di altri successi professionali.
Le migliori opportunità di lavoro le ho ottenute proprio così.